LA TRADIZIONE DELLA STUPIDITA’ di Franco Filanci (SdP 23 NS)

Per il mondo della filatelia, che di solito dà più rilievo all’apparenza che alla sostanza, probabilmente risulta strano che un catalogo porti solo ed esclusivamente la firma di un collezionista, specie se la casa editrice è filatelica. E suonerà ancor più strano scoprire che l’autore l’ha concepito e redatto tutto da solo – o giusto con l’apporto di altri collezionisti – in piena libertà: solo parte delle quotazioni si rifanno a quelle del catalogo Unificato, e le ragioni sono indicate a chiare lettere nel capitolo introduttivo (anzi esplicativo) insieme alle tante altre che sono alla base del Maillennial. Così come può suonare strano che una casa editrice filatelica possa avere in listino due diversi cataloghi sullo stesso argomento, ma questo solo ragionando in base a una concezione arcaica del mercato: il marketing serio insegna a ragionare in termini di target, e anche in filatelia ne esistono più d’uno, con caratteristiche totalmente diverse.

Quello che vorrei fosse chiaro è che il Maillennial che ho messo in circolazione non è – romanticamente o aneddoticamente – solo quello che per un collezionista è il sogno di una vita, ovvero il catalogo sull’argomento principe delle sue raccolte, nel mio caso lo Stato Italiano. E non è solo un modo diverso, meno asettico, di presentare i francobolli e il loro mondo, immergendo le carte-valori postali nel loro ambiente, per evitare quell’aridità catalogica che rende persino il 3 lire di Toscana e la Crocetta delle semplici figurine, compagne del Feroce Saladino di Perugina memoria.

E il Maillennial è anche molto più che un tentativo di rivolgersi in modo specifico ai collezionisti e ai commercianti del nuovo millennio, a cominciare dal titolo che i vecchi vip della filatelia troveranno sicuramente impronunciabile; inserendo anche materiali postali che loro hanno sempre ignorato; dando meno importanza o escludendone altri ormai di scarso interesse o con l’unico merito di essere costosi; e considerando lo Stato Italiano come un’entità geografico-politica in costante evoluzione e nella sua totalità, senza fuorvianti cesure territoriali o fra re, presidenti e occupanti.

Qual è allora il fine ultimo del Maillennial? Quello di proporre alla filatelia italiana molto più che un catalogo, per quanto diverso, adeguato ai tempi o anche soltanto personale. È quello di portare avanti una visione razionale ed etica della storia filatelica e postale italiana, in cui l’intervento del cataloghista sia limitato alla presentazione, all’elaborazione e al livello di approfondimento dell’insieme, oltre che alle valutazioni, s’intende. In modo da uscire finalmente dalle secche di un’amatorialità e di un pressapochismo che hanno tolto credibilità, attrattiva e passione al collezionismo filatelico, compromettendone il futuro ben oltre le strette ragioni di mercato, le crisi economiche e gli accadimenti più o meno planetari quali la pandemia.

Paroloni senza basi realistiche? Intellettualismi snob e senza costrutto? No di certo, se ci si ferma anche solo per un momento a esaminare la filatelia e la sua storia con un minimo di realismo e senza coinvolgimenti emotivi. Tutto è nato, si è consolidato, e ha prosperato da sempre sull’entusiasmo, istintivamente, per sentito dire, alla bell’e meglio, senza la benché minima guida o regola che non fosse quella della presumibile completezza e di un edonistico e molto egoistico Gola gola, io ce l’ho e tu no! esaltato da premi e riverenze. E se la cosa era comprensibile, quasi giustificabile per quanto riguarda i primi tempi, quando le nuove emissioni erano poche, il collezionabile scarso e la borghesia imitava la nobiltà, con l’avanzare del Novecento questa assoluta libertà “espressiva” è stata sempre più contaminata da interessi commerciali, sia da parte delle Amministrazioni emittenti a caccia di entrate, sia di mercanti attratti da lucrose e facili prospettive, sia persino dal mondo dei collezionisti, troppo fieri del proprio hobby per valutare non solo le novità in arrivo sul mercato ma anche i mezzi usati dal mercato stesso per imporgli certe collezioni e certo materiale.

Nel capitolo “esplicativo” del Maillennial ho illustrato varie incongruenze, oggi non più accettabili, che ne sono scaturite, e descritto le “astuzie” messe in atto per condizionare il collezionista in modo da potergli alleggerire il portafoglio molto più del dovuto. Non sto quindi a ripetermi; rivendico solo l’adozione fin dagli ultimi anni Novanta di regole precise e prestabilite invece del tradizionale e irrazionale Si è sempre fatto così o dello stupido Ormai non si può più cambiare che fa a pugni con scienza, tecnologia e civiltà. Se vuole sopravvivere, la Filatelia deve davvero inserirsi in quel filone di interessi culturali e allo stesso tempo merceologici che devono rispondere alle leggi dell’etica e della correttezza, storica e tecnico-scientifica.

Ora, lo so benissimo, non è solo con un catalogo che si può raggiungere un simile traguardo. Tantopiù in Italia, dove la lettura – e in particolare una lettura attenta e intelligente – non risulta granché praticata, soprattutto in filatelia. E nessuno – “autorità”, associazionismo, mercato – ci fa attenzione: evidentemente hanno troppo altro da fare, o molto più probabilmente non vogliono esporsi in “attività” che potrebbero contrastare qualche interesse, magari travestito da tradizione.

Ma ciò che più mi meraviglia è che non ci si renda conto come le proposte dirette e indirette che scaturiscono dal Maillennial – il ritorno a un collezionismo “normale”, certe inclusioni o esclusioni, gli svariati “alleggerimenti” – a ben guardare non vanno contro nessun interesse, nemmeno commerciale; anzi, possono aprire nuovi orizzonti collezionistici.

Guardate ad esempio la suddivisione della cosiddetta IV Sardegna: i collezionisti dei francobolli e della storia postale del Regno sardo non sono certamente menomati dalla scomparsa dei valori per le stampe, del 3 lire, e delle tinte del 1861-63. Mentre i collezionisti d’Italia – tra l’altro molto più numerosi – possono trovare un nuovo e appassionante campo d’azione, se giustamente consigliati, nelle tirature italiane dentellate e non, che presentano caratteristiche esclusive con interessanti appigli per un approfondimento. E a chi si dovesse lamentare per lo scarso risalto dato alle tirature della serie De La Rue (in proposito ricordo come Gabriele Serra e Daniele Zanaria parlassero di differenze praticamente inesistenti in una conferenza di poco precedente l’uscita del loro Trattato) o dei segnatasse del 1870, chiedo rispettosamente perchè nessuno abbia ancora studiato e catalogato le diverse provviste, impresse sia in tipografia che in litografia, dei valori della cosiddetta IV Sardegna del periodo italiano: poco lucroso?

Pensateci bene. Emissioni come quelle delle Provincie napoletane o dei valori alleati per Sicilia e Napoli possono diventare dei “buchi” per una collezione finora considerata “completa”, con ovvie e positive ricadute sul mercato. E se per quanto riguarda gli interi postali la scarsità di materiale in circolazione può sconsigliarne l’inserimento in una collezione generale “di tutto nuovo” (esclusi coloro che apprezzano il motto di quel noto commerciante secondo cui una collezione è tanto più affascinante quanto più è piena di ostacoli), l’apertura agli interi può essere stimolante e appassionante per chi invece colleziona l’usato o la storia postale, comunque intesa.

E sono pensate anche in tale direzione – come stimolo ad ampliamenti e a nuove collezioni– molte note, con relativi rimandi, inserite soprattutto nel corposo capitolo sui Protagonisti della storia filatelico-postale dello Stato Italiano. Note da cui un commerciante avveduto può trarre vantaggio non solo per fidelizzare un cliente ma anche per far girare materiale da decenni immobilizzato nei classificatori non solo perchè appartenente a capitoli oggi out, ma per essere usato (cosa molto fuori moda) o a causa della linguella, anche solo una traccia.

L’avere adottato nel Maillennial come valutazione base quella dell’esemplare in passato normale, anche con margini corti, dentellatura d’epoca o eventuale linguella “non invasiva o eccessiva”, è proprio per contrastare un imperativo del tutto assurdo che sta distruggendo il mercato, quello della qualità assoluta, direi feticistica. Che il collezionista cerchi il meglio è comprensibile, ma è semplicemente stupido, da incoscienti, che per vendere a pochi qualche esemplare a prezzo ultragonfiato si affossi l’altro 90% del mercato, quello fatto da normali commercianti e normali collezionisti per i quali i 100 euro di un acquisto filatelico sono già “una cifra”. Non foss’altro che per ragioni oltremodo realistiche, pratiche, economiche: quel materiale potrebbe ridare ossigeno all’intero mercato, favorendo sia chi vuole andare indietro nelle proprie raccolte o dedicarsi a collezioni economicamente difficili, sia i piccoli e medi commercianti (la maggioranza), che lo potrebbero anche usare come promozione, per allettanti offerte “d’inizio raccolta”.

Il rilancio del collezionismo filatelico com’era un tempo – quando un bel 10 lire floreale usato si metteva trionfalmente in raccolta anche se aveva il posteriore assottigliato – ridarebbe anche vita alle vecchie collezioni, quelle del nonno o dello zio, non più un insieme di materiale pressoché invendibile ma un patrimonio di famiglia, degno non solo di essere salvato come frutto della passione o delle ricerche di un antenato, ma anche di essere ampliato e completato, come espressione dell’interesse per la cultura e la documentazione delle nuove leve.

Idee e propositi bislacchi?