Il nuovo nella storia postale?

La storia postale, quella vera, non ha nulla a che vedere con quella descritta dalla FIP, la Fédération Internationale de Philatélie. Ho già avuto più volte occasione di dirlo, e ormai sono in molti a concordare con me. Almeno in Italia, Paese in cui la cultura storico postale è da tempo ben più avanti che in altri e più celebrati Paesi. E questo non vale solo in generale, ma soprattutto sotto il profilo collezionistico visto che la concezione FIP di storia postale si concretizza poi in un regolamento che viene imposto nelle esposizioni a concorso anche in Italia. Persino da quelli che ne ammettono l’inconsistenza.

Che cosa si possa intendere per storia postale dal punto di vista collezionistico, ovvero che cosa distingua realmente una collezione di storia postale da una collezione filatelica o da una tematica, lo scrissi per la prima volta nel lontano 1979 sul Notiziario ASIF di storia postale n. 180 — Il nocciolo della questione, questo era il titolo — ma tutti fecero orecchi da mercante: chi è a caccia di medaglie e di incarichi non urta certo i vip, anche se hanno torto, e questa è una “buona” regola che valeva allora come oggi. Lo ribadii dieci anni più tardi, nel 1889, approfondendo l’analisi e le possibili definizioni dei tre modi esistenti di collezionare (filatelia, storia postale, tematica; tutti gli altri sono solo settori collezionistici che rientrano a seconda dei casi in questi tre metodi, come in seguito è stato pienamente accettato in Italia) in un lungo e circostanziato articolo sul n. 141 di Cronaca filatelica — in questo caso il titolo era Una lezione di storia (postale) — e stavolta mi giunsero anche consensi autorevoli, persino da parte di giurati internazionali. Ma nulla cambiò, naturalmente. Certi filatelisti non conservano soltanto francobolli e buste.

In seguito, e soprattutto attraverso questa rivista (nata, guarda caso, esattamente altri dieci anni dopo, nel 1999), il vero volto della storia postale ho provato a mostrarlo con i fatti, o meglio con articoli e monografie. Scoprendo io stesso che non si tratta di uno ma di mille volti, poliedrici, spesso sfuggenti o maledettamente intriganti, nascosti sotto un burqa fatto di costume e di norme postali, di politica e d’arte, di storia e di quotidianità, non sempre incorniciabili nei ristretti limiti di una collezione, o almeno di una collezione come la intendono i filatelisti.

Ma questo non vuol dire che la collezione di vera storia postale non possa esistere. Al contrario può essere facilissima da fare: basta liberarsi dai condizionamenti della tradizione filatelica e dai ragionieristici regolamenti FIP per seguire soltanto il filo della logica e della propria conoscenza. Perché ogni argomento di storia postale, se realmente approfondito, finisce per essere esclusivo e quasi personale, un qualcosa che solo chi lo pratica conosce e può documentare in ogni suo aspetto. Se infatti, come ho scritto nel 1989, la filatelia è classificazione dell’oggetto postale (francobollo o bollo o quant’altro) inteso come puro oggetto da collezione in tutti i suoi aspetti tecnici e grafici, possibilmente rari, e la tematica è illustrazione di un argomento — qualunque argomento, anche relativo alla posta — mediante elementi postali eterogenei coerenti con il testo per concetto, immagine o riferimento, la storia postale non è altro che documentazione dei servizi e dell’organizzazione postali, nonché delle normative, delle carte valori e degli oggetti utilizzati per svolgerli, fatta attraverso materiale coevo e significativo.

A livello di collezione, questa conoscenza e questa documentazione si concretizzano in un esposizione chiara e lineare del materiale più utile e significativo per illustrare quanto si va narrando. Francobolli e corrispondenze, moduli e bollature, ma anche cartine, fotografie, stampe. E persino fotocopie, se si tratta di materiale utile alla trattazione ma altrimenti indisponibile.

E può benissimo contenere francobolli nuovi perché, come scrissi con Enrico Angellieri nell’introduzione del primo Unificato di storia postale, il francobollo e “le carte valori postali sono di per sé un elemento di storia postale, nello stato in cui l’Amministrazione postale le emette, cioè nuove, o così come aveva studiato di emetterle (saggi, prove, non emessi)”. Non solo perché dalla metà dell’Ottocento sono un elemento dominante e quasi simbolico dei servizi di posta, di cui rivelano impieghi e tariffe anche se mai usati per tali servizi, ma anche perché trasmettono un’iconografia istituzionale, politica, artistica, sociale di elevato interesse storico nonché estremamente indicativa dell’importanza della posta nella società dell’epoca, che l’annullo postale rischia spesso di deturpare.

Anzi, dirò di più, e sfido chiunque a smentirmi usando argomenti fondati sulla logica: anche una collezione di soli francobolli nuovi può essere una collezione di storia postale. E non mi riferisco a un’eventuale collezione del tipo “Storia dei rapporti fra posta e politica” o “Storia delle carte-valori postali come mezzo di propaganda” (come dissi fin dal 1979, una vera collezione di storia postale deve avere un titolo che comincia con “Storia di…” e svolgere con coerenza il suo titolo) ma a una semplice collezione per Paese, del genere “Storia delle carte-valori postali di…”.

Certo, occorre che i francobolli non siano divisi per tipologie e ordinati cronologicamente e/o in base al disegno, per pura comodità di ricerca come nei cataloghi, e corredati di sole informazioni su data d’emissione, autori e caratteristiche tecniche, come negli album pronti, né che siano allegate più o meno eclatanti varietà o multipli. Questa è pura filatelia.

Ma se gli stessi valori sono ordinati temporalmente in base a servizi, tariffe e fatti politico-sociali che ne hanno causato la creazione, e corredati da informazioni che vadano al di là di date, autori e caratteristiche di stampa, dentellatura ecc. per evidenziare invece reali motivi di ciascuna emissione, ecco allora che l’album non conterrà un mero insieme di oggetti da collezione classificati in modo filatelico, ma la storia delle carte valori postali di un Paese, ovvero un aspetto della sua storia postale, quello relativo ai francobolli, agli interi postali, ai segnatasse ecc. emessi per consentire lo svolgimento del servizio postale, e talvolta anche per altri scopi più o meno evidenti, logici, confessabili.

Dopotutto una carta-valore postale è un oggetto ufficiale dello Stato, posto in essere e descritto da decreti firmati da Capi di Stato e ministri di Governo, e come tale è non solo un pezzo di posta ma anche un pezzo della storia di quello Stato: e questo già nelle condizioni in cui si trova al momento in cui viene venduto. Cioè “nuovo”, come diciamo noi collezionisti. Sia storicamente che postalmente il fatto che l’esemplare sia nuovo o usato o su documento viaggiato è del tutto ininfluente; anche se da un punto di vista di documentazione espositiva il fatto che sia nuovo ne rende più agevole la visione anche in base ai dati — immagine, valore, colore ecc. — che solitamente figurano nei decreti e sono perciò da considerare storicamente salienti.

Tra l’altro il reale utilizzo per posta delle carte-valori postali in molti casi è puramente accessorio alla vera documentazione storico postale. Qualche busta con alcuni francobolli di una lunga serie commemorativa (ad esempio di quelle italiane del periodo 1928/48) o con alcuni esemplari di un foglio multisoggetto (del genere di quelli dedicati da San Marino ai fumetti o a Verdi) sono più che sufficienti per documentare l’effettivo impiego postale dell’intera serie. Sovente mostrare tutti i diversi tagli significa solo annoiare — come da tradizione tipicamente filatelica — con pagine e pagine rimpinzate di pezzi recanti i diversi valori in ogni possibile tariffa combinazione multiplo bollatura, normalmente arricchite con soporifere didascalie del tipo “Lettera del 13.05.1908 da Milano a Monza affrancata con 10 esemplari da 5 cent. per un totale di 50 cent.”, ovvero cose che si rilevano benissimo, se si vuole e se si sa far di conto, semplicemente guardando la lettera esposta.

L’esemplificazione dell’uso postale delle carte-valori è infatti necessario, anzi indispensabile, solo in tre casi specifici: per illustrare i diversi servizi e le relative tariffe (e non occorre certo ripetere la cosa per tutti i francobolli dello stesso taglio in uso durante la validità di una certa tariffa o per tutti i francobolli utilizzabili in un determinato servizio!); per mostrare il modo in cui venivano utilizzate (ad esempio i francobolli doppi per pacchi); per illustrare l’eventuale modulistica su cui erano applicati o le particolari bollature ed etichette che li accompagnavano.

Pretendere che le collezioni di storia postale, almeno quelle da esposizione, siano fatte di soli oggetti postali usati non è soltanto illogico e irrazionale. Sovente rende estremamente ripetitive, noiose e troppo specialistiche queste collezioni, eliminando proprio quegli elementi culturali e iconografici che potrebbero appassionare altri collezionisti e interessare anche un più vasto pubblico. E alla lunga finisce anche per danneggiare il mercato, facendo pensare alla gente che il francobollo di per sé non ha alcun interesse storico postale, ovvero nessun interesse né storico né postale. In evidente contrasto con quella tutela degli interessi dei filatelisti che dovrebbe essere uno dei fini istituzionali della FIP.