Un’Accademia che pensa alla filatelia del nuovo millennio
Risulta davvero suggestivo il nome che nel 387 a. C. Platone diede alla sua scuola: e dire che l’aveva preso da una località poco lontana da Atene dedicata all’eroe arcade Academo. Tanto suggestivo che quando 1800 anni dopo gli umanisti del Rinascimento presero a fondare cenacoli di studi classici quel nome fu subito recuperato: a Napoli nel 1443 per l’Accademia Alfonsina, poi Pontaniana, a Roma nel 1460 da Giulio Pomponio Leto per l’Accademia Romana, e a Firenze nel 1463 da Marsilio Ficino per la sua Accademia Platonica. E il nome continuò a usarsi anche in seguito, quando da cenacoli si trasformarono in strutture più precise e organizzate, con dichiarate finalità in campo culturale, letterario o scientifico e tanto di cerimoniale. Fino a specializzarsi in settori sempre più specifici – come in Italia l’Accademia della Crusca o quella dei Lincei – o a dar corpo a importanti istituzioni nazionali, come l’Académie Française o la britannica Royal Academy.Nell’ambito di queste associazioni di studiosi, istituite allo scopo di attendere a studi scientifici, artistici o letterari e di promuoverne lo sviluppo e la diffusione, non poteva certo mancare un’Accademia filatelica. Ma, per quanto se ne parlasse sin dagli inizi del secolo, l’istituzione prese corpo solo nel 1975 e per iniziativa non di qualche organismo o associazione nazionale ma del Circolo Filatelico Numismatico Reggiano, peraltro aderente al Dopolavoro del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni. E questo forse fu la sua fortuna, perché venne istituita in modo da essere estranea a giochi di potere, personalismi e opportunismi: partendo da quell’Oscar della filatelia e della numismatica che lo stesso Circolo reggiano aveva iniziato ad attribuire nel 1966.
Il primo nucleo di Accademici venne scelto dal Consiglio del Circolo che aveva sponsorizzato l’iniziativa proprio fra gli studiosi delle due discipline insigniti dell’Oscar, e che per la filatelia rispondevano a nomi prestigiosi come quelli di Albino Bazzi, Alberto Diena, Mario Gallenga e Luigi Raybaudi Massilia. E da quel momento furono gli stessi Accademici a eleggere i nuovi membri dell’Accademia, che – in base allo Statuto registrato il 27 settembre 1975 – non potevano essere più di 30 per ogni disciplina, pur tenendo conto di tutti i possibili aspetti di ciascuna delle due classi, dalla prefilatelia alla storia postale al telegrafo, dalla medaglistica alla carta moneta alle medaglie devozionali.
La coesistenza delle due discipline, idealmente basata sulla comune origine – la necessità di scambio di merci e di pensiero – e unica nel panorama accademico mondiale, diede vita a un consistente numero di Memorie e ad alcuni importanti convegni, ma non resse ai problemi finanziari sorti alla metà degli anni ‘90 e soprattutto ai diversi punti di vista, strategici e collezionistici, degli studiosi delle due branche. Questo tuttavia non affondò l’Accademia ma ne decretò soltanto la divisione: infatti ciascun gruppo di studiosi rifondò la propria Accademia, tagliando allo stesso tempo il cordone ombelicale che li teneva uniti a Reggio Emilia, anche se ovviamente non i legami di amicizia e di sincera riconoscenza affermatisi in vent’anni di attività spesso comune.
Fu così che nel 1996, a distanza di neppure due mesi dallo scioglimento dell’Accademia Italiana di studi filatelici e numismatici, i membri della classe filatelica si ritrovavano a Verona per ricostituire una propria Accademia, stavolta solo di Filatelia e Storia postale, tracciarne le linee programmatiche e redigere il nuovo Statuto, che tra l’altro elevava a 40 il numero degli iscritti e aboliva ogni distinzione tra membri effettivi e corrispondenti.
“Gli Accademici, italiani e stranieri, in numero massimo di 40, sono scelti tra i cultori di filatelia e di storia postale che si sono particolarmente distinti per i loro studi e la loro attività, in particolare pubblicistica, e che si impegnano a portare avanti attivamente i programmi dell’Accademia”. Il titolo di Accademici ad honorem, senza limite di numero, era invece destinato a “personalità, enti e privati che abbiano acquisito titoli di merito e di benemerenza verso l’Accademia e, in generale, verso la filatelia e la storia postale italiana”
Lo Statuto dell’Accademia Italiana di filatelia e storia postale fu approvato definitivamente a Milano pochi mesi più tardi, il 22 marzo 1997, e subito dopo venne eletto il primo Consiglio direttivo. Passò un anno, e a Italia ‘98 l’Accademia organizzò il suo primo convegno, sull’insolito tema “Posta e Comunicazione”, e presentò il suo primo volume, edito da Poste Italiane SpA e firmato da Franco Filanci, Posta e francobollo, una storia da collezione, dall’impostazione decisamente innovativa (anche se molti non se ne sono accorti): una trattazione esauriente e non convenzionale, tale da poter interessare collezionisti e non collezionisti, in una forma semplice e scorrevole come vuole il pubblico di oggi, ma storicamente e scientificamente esatta come si conviene a un volume firmato da un’Accademia, e con una parte illustrativa preponderante come richiesto dalla moderna civiltà dell’immagine. Un modo, insomma, di promuovere una collezionismo più attuale, motivato e documentato, e allo stesso tempo di dare consistenza e spessore culturale all’immagine della Posta sulle soglie del Terzo Millennio.
Trascorse un altro anno e nel settembre 1999 giunse in edicola il primo numero di Storie di Posta, la rivista con cui l’Accademia ha voluto proporre un nuovo modo di intendere la filatelia e la storia postale, anche questo ben diverso da ciò che normalmente s’intende sia per “accademico” che per “filatelico” o “postale”. Una rivista con cui portare avanti gli stessi intenti del primo libro, facendo andare a braccetto hobby e cultura nel trattare di posta e di francobolli, in una dimensione collezionistica più congeniale all’uomo di oggi, studiata per rendere il lettore orgoglioso di essere collezionista e/o invogliarlo ad approfondire la conoscenza della storia postale sotto tutti i possibili aspetti, anche quelli più insoliti e collaterali.
Più di recente sono state realizzati conferenze, seminari, mostre, un altro volume e il sito web collegato alla rivista. Ma impegnandosi soprattutto nelle pubblicazioni e nel sito, gli unici che garantiscano il massimo di diffusione rispetto alle possibilità di impegno dei membri. E anche per dimostrare che non si tratta di un’Accademia che ha semplicemente sostituito feluca e spadino con lente e pinzette, da riverire nelle poche occasioni in cui si raduna giusto per farsi vicendevoli salamelecchi, attorniata da gente che sbava per farne parte solo per farsi a sua volta riverire. L’Accademia Italiana di Filatelia e Storia Postale intende essere un’istituzione attiva, dinamica, propositiva, che può essere di servizio per gli altri proprio grazie al fatto di essere costituita di persone esperte e capaci, cooptate per ragioni di merito e non di convenienza, politiche o commerciali.
Come prescrive il suo Statuto, l’Accademia è un’istituzione culturale, indipendente e senza fini di lucro, i cui scopi sono ben precisi, in qualche caso persino ovvi (ma repetita iuvant, dopotutto):
- radunare gli studiosi e gli autori più capaci, seri e rappresentativi che operano nel campo della storia postale e della filatelia, con particolare riguardo ai Paesi italiani;
- promuovere, partecipare e collaborare a ogni tipo di iniziativa – pubblicazioni, riviste, conferenze, esposizioni, corsi ecc – utile a diffondere la conoscenza della storia postale e della filatelia in generale e dei Paesi italiani in particolare; questo anche in considerazione del fatto che in diversi Paesi la storia postale è materia di studio universitario sia come parte della storia delle comunicazioni sia per i riflessi sociali, politici. artistici, storici e di costume che emergono dal servizio postale, per lungo tempo fondamentale per la vita di ogni Paese e strettamente tenuto sotto controllo governativo, di cui era perciò espressione;
- fornire assistenza e consulenza in materia di filatelia e storia postale a Enti e organizzazioni statali e/o culturali che ne facciano richiesta, e ciò in quell’ottica “di servizio” a cui prima si accennava.
In più, e a differenza della precedente, l’attuale Accademia ha sin dall’inizio voluto essere del tutto autonoma anche economicamente, facendo in modo che le proprie iniziative siano autosufficienti o vengano finanziate di volta in volta.